Si intitola “Laudate Deum” l’esortazione di Papa Francesco presentata ieri, 4 ottobre, San Francesco, patrono d’Italia, a neanche due mesi dall’apertura della prossima Conferenza Onu sul clima di Dubai che dovrà concordare la fine dell’uso di carbone, petrolio e metano. Ci sono voluti 28 anni perché una Conferenza sul clima affrontasse esplicitamente il tema dell’uscita dall’era dei combustibili fossili.

L’esortazione papale non è motivata solo dall’urgenza, dalla necessità di accelerare la transizione verso l’ecologia integrale, per il bene dell’uomo e della natura, ma anche dalla volontà mettere a nudo “resistenze e confusione”, le manovre di chi, i “segni del cambiamento” vuole “negarli, nasconderli, dissimularli o relativizzarli”.

La colpa non è dei poveri: “la realtà è che una bassa percentuale più ricca della popolazione mondiale inquina di più rispetto al 50% di quella più povera e che le emissioni pro capite dei Paesi più ricchi sono di molto superiori a quelle dei più poveri. Come dimenticare che l’Africa, che ospita più della metà delle persone più povere del mondo, è responsabile solo di una minima parte delle emissioni storiche?” Ecco perché dobbiamo schierarci al fianco delle vittime delle ingiustizie ambientali e climatiche e smettere di investire nel petrolio e nel metano in Africa come a casa nostra. Il Papa ci propone un “mondo al contrario” di come lo stiamo preparando: l’Italia si preoccupa di sfruttare gli ultimi giacimenti di metano africano, mentre dovremmo aiutarli ad uscire per primi dalla povertà e dallo sfruttamento dei fossili.

I cambiamenti climatici e la distruzione della natura sono conseguenza delle azioni umane e ne sono già visibili “gli effetti, in termini di salute, lavoro, accesso alle risorse, abitazioni, migrazioni forzate”. Sì, anche le migrazioni, non sono colpa dei poveri, ma necessità umana causata anche dai cambiamenti climatici. Secondo l’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Onu) entro il 2050 fino a 1,5 miliardi di persone dovranno lasciare le loro case e secondo altre stime nei 20 anni successivi diventeranno 3 miliardi.

Mettere al centro l’uomo e non il petrolio, vuol dire smettere di pensare che le migrazioni siano passeggere, un pericolo da cui difenderci, magari con impossibili blocchi navali, e preoccuparci di preparare, governare e cogliere le nuove opportunità di un fenomeno che sarà secolare. Mia madre ha studiato alla scuola tedesca di Milano e mi raccontava che le “invasioni barbariche” che hanno segnato i secoli dell’impero romano venivano definite sui suoi libri di scuola Völkerwanderungen, migrazioni dei popoli. Una opportunità dunque, una occasione per costruire nuovo sviluppo, nuove economie e nuove società, come sta accadendo, grazie alla mescolanza, alla accettazione delle diversità, nelle nuove metropoli del mondo.

Non è per niente facile, per niente una passeggiata, tanto che è lo stesso Papa ad aver rifiutato quella “etichetta ambientalista” che molti hanno attribuito in maniera superficiale alla Laudato sì. “Non è un’enciclica verde ma un’enciclica sociale”, diceva infatti nell’aprile 2020 ai membri della Fondazione Centesimus Annus, una enciclica che sta tutta nel solco della storia dell’impegno sociale della Chiesa. La nuova esortazione apostolica ad intensificare l’impegno nell’”ecologia integrale”, riguarda la cura della casa comune con le sue relative implicazioni sociali e politiche, in forte sintonia con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile concordati alle Nazioni Unite, che puntano a società prospere e sostenibili.

Andrea Poggio