Nel lodigiano gli incidenti stradali nel 2022 sono tornati ai livelli pre-pandemia (2019) come – d’altra parte – in tutta Italia. Eppure il Piano nazionale della sicurezza stradale prevede l’adozione di provvedimenti per rendere i veicoli e strade più sicure, allo scopo di dimezzare morti e feriti gravi entro il 2030. L’anno scorso nel lodigiano si sono infatti registrati 9 morti e 623 feriti, nel 2019 sempre 9 morti e 708 feriti in più di 400 diversi incidenti. Non è andata meglio a Lodi, con 3 morti e 212 feriti.

Nel lodigiano il tasso di incidentalità rimane comunque il più basso tra le province lombarde e si attestato, nel 2022, a 178 incidenti stradali ogni 100 mila abitanti, mentre la media regionale è di 289. Ma resta il fatto che in strada che si corre il rischio di morire o di rimanere invalidi per tutta la vita. E’ quindi apprezzabile che la città di Lodi si sia proposta di ridurre la velocità massima a 30 all’ora e che il Ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, abbia presentato al parlamento un disegno di legge in tema di sicurezza. Nel 2022 in Italia si sono registrati 165.889 incidenti, 3159 morti (oltre 8,6 decessi al giorno) e 223.475 feriti. Dati in crescita di oltre il 9% rispetto all’anno precedente, il 2021 e in controtendenza rispetto agli altri paesi: abbiamo avuto 54 morti ogni milione di abitanti, mentre la media in Europa è 46. Nel 2010 i morti erano 68, in Europa 67. Vuol dire che in Europa le strade sono diventata decisamente più sicure di quanto abbiamo saputo fare in Italia.

Per dimezzare nei prossimi sette anni l’ecatombe in strada, per ridurre i morti da oltre 3.000 all’anno a 1.500, dovremmo ridurre le cause all’origine degli incidenti, che nelle strade extraurbane sono determinati, in ordine di frequenza accertata, per il 21% dalla distrazione, per il 13% dalla velocità troppo elevata e per il 11% distanza di sicurezza. Solo nell’1% dei casi (3,4% in città) per comportamento scorretto del pedone. Ormai le nuove auto, come i nostri smarphone, sono in grado di riconosce, segnalare e limitare automaticamente tali rischi: le nuove auto si “accorgono” quando calano le palpedre per il sonno, riconoscono chi guida, lo stato di ebrezza, l’eccesso di velocità e i rischi di collisione. Limitare la velocità è la misura più sicura, efficace ed efficiente per ridurre la gravità degli incidenti, le emissioni di CO2 e gli inquinanti. Bisognerebbe rendere obbligatori tali automatismi, come

Oggi, il 49% morti sono utenti deboli: pedoni, ciclisti, disabili in carrozzina, monopattini, mentre la maggior parte degli incidenti gravi coinvolge auto e furgoni. In città si registrano il 73% incidenti, il 70% feriti e il 48% dei morti (molto meno, il 40%, nelle città europee). I sindaci dovrebbero diventare i protagonisti delle misure di sicurezza in strada e i piani comunali (PUMS) finanziati.

Cosa propone invece la legge del ministro Matteo Salvini? Taglia i fondi e poteri ai sindaci: i comuni non potranno decidere “zone 30” troppo estese, istituire zone a pedaggio come a Milano e neppure limitare i veicoli più inquinanti. Il ministro propone sanzioni più severe per gli ubriachi e i drogati al volante, che riguarda il 6% delle cause di incidenti gravi, ma non si aumentano i controlli. Si propongono norme severissime contro il monopattino elettrico (20 all’ora, patentino, casco obbligatorio), un mezzo che ha provocato 16 morti per cadute accidentali o investimento di chi li guidava. Il ministro se la prende poi con i ciclisti, abolendo l’istituzione delle strade urbane ciclabili, delle corsie ciclabili e la “casa avanzata” ai semafori, confinando i ciclisti nelle poche piste ciclabili, per le quali si tagliano i fondi già stanziati dai passati governi.

Quando la sicurezza diventa ideologia e propaganda, non si salvano vita, si fa la guerra. Sulle nostre strade.

Andrea Poggio