Comunità energetiche a Lodi, Cremona, Mantova e Piacenza

Comunità energetiche a Lodi, Cremona, Mantova e Piacenza

Venerdì 15 Novembre 2024 ore 14:00 presso sala Fondazione Comunitaria di Lodi, corso Archinti 100, Lodi. Confronto tra Comunità Energetiche Rinnovabili e con caratteristiche Solidali (CERS) nelle provincie della pianura lombarda ed emiliana. La CERS “Comunità Solare” cooperativa a mutualità prevalente, impresa sociale ETS, accompagnata da un gruppo d’acquisto (GAS) fotovoltaico, e una raccolta fondi per la realizzazione di impianti comunitari.

L’evento è ad ingresso libero e apre il Festival dei Diritti, promosso dal Centro Servizi Volontariato della Regione Lombardia. L’appuntamento coinvolge tutti i cittadini, le associazioni e le ong interessate a costituire CER, cioè comunità energetiche nei territori.

L’appuntamento si tiene presso la Fondazione Comunitaria che, insieme alla Fondazione Cariplo regionale è in prima fila nel promuovere e finanziare le prima esperienze di CER solidali nelle provincie lombarde. Il confronto tra le prime CER solidali già costituite riguarda in particolare processi botton up nella costituzione di CERS, il ruolo delle famiglie, delle associazioni, delle parrocchie, dei comuni e delle piccole e medie imprese.

Ecco il programma:

14:00- In apertura:

  • Giuseppe Negri, a nome della Fondazione Comunitaria Lodi
  • Giuseppe Mancini, per il coordinamento Umanità Lodigiana

14:20- Primi interventi:

  • La Comunità Solare di Lodi e Piacenza, Andrea Poggio
  • Esperienza delle CER in diocesi di Cremona, Giuseppe Dasti
  • Le prime CER in provincia di Mantova, Riccardo Peasso

15:00- Testimonianze:

  • Sandra Milas, assessora del Comune di Brembio
  • Marco Fazio, LegaCoop Lombardia
  • Alberto Nicolini, AD Castagna Univel SpA
  • Laura Chiappa, presidente circolo Legambiente Piacenza
  • Enrico Castelvecchio, Coop Sociale Il Pellicano di Castiraga Vidardo
  • Stefano Ghidini, consigliere delegato Comune di Guardamiglio
  • Aurelio Ferrari, presidente della Fondazione Danelli
  • Fabio Zanardo, consigliere delegato Comune Cervigliano d’Adda

Altri ospiti ci racconteranno la loro esperienza

16:30- Conclude: Barbara Meggetto, presidente Legambiente Lombardia

Per informazioni, comunitasolare@gmail.com

Scarica qui la locandina con il programma

Manca sicurezza in strada

Manca sicurezza in strada

Nel lodigiano gli incidenti stradali nel 2022 sono tornati ai livelli pre-pandemia (2019) come – d’altra parte – in tutta Italia. Eppure il Piano nazionale della sicurezza stradale prevede l’adozione di provvedimenti per rendere i veicoli e strade più sicure, allo scopo di dimezzare morti e feriti gravi entro il 2030. L’anno scorso nel lodigiano si sono infatti registrati 9 morti e 623 feriti, nel 2019 sempre 9 morti e 708 feriti in più di 400 diversi incidenti. Non è andata meglio a Lodi, con 3 morti e 212 feriti.

Nel lodigiano il tasso di incidentalità rimane comunque il più basso tra le province lombarde e si attestato, nel 2022, a 178 incidenti stradali ogni 100 mila abitanti, mentre la media regionale è di 289. Ma resta il fatto che in strada che si corre il rischio di morire o di rimanere invalidi per tutta la vita. E’ quindi apprezzabile che la città di Lodi si sia proposta di ridurre la velocità massima a 30 all’ora e che il Ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, abbia presentato al parlamento un disegno di legge in tema di sicurezza. Nel 2022 in Italia si sono registrati 165.889 incidenti, 3159 morti (oltre 8,6 decessi al giorno) e 223.475 feriti. Dati in crescita di oltre il 9% rispetto all’anno precedente, il 2021 e in controtendenza rispetto agli altri paesi: abbiamo avuto 54 morti ogni milione di abitanti, mentre la media in Europa è 46. Nel 2010 i morti erano 68, in Europa 67. Vuol dire che in Europa le strade sono diventata decisamente più sicure di quanto abbiamo saputo fare in Italia.

Per dimezzare nei prossimi sette anni l’ecatombe in strada, per ridurre i morti da oltre 3.000 all’anno a 1.500, dovremmo ridurre le cause all’origine degli incidenti, che nelle strade extraurbane sono determinati, in ordine di frequenza accertata, per il 21% dalla distrazione, per il 13% dalla velocità troppo elevata e per il 11% distanza di sicurezza. Solo nell’1% dei casi (3,4% in città) per comportamento scorretto del pedone. Ormai le nuove auto, come i nostri smarphone, sono in grado di riconosce, segnalare e limitare automaticamente tali rischi: le nuove auto si “accorgono” quando calano le palpedre per il sonno, riconoscono chi guida, lo stato di ebrezza, l’eccesso di velocità e i rischi di collisione. Limitare la velocità è la misura più sicura, efficace ed efficiente per ridurre la gravità degli incidenti, le emissioni di CO2 e gli inquinanti. Bisognerebbe rendere obbligatori tali automatismi, come

Oggi, il 49% morti sono utenti deboli: pedoni, ciclisti, disabili in carrozzina, monopattini, mentre la maggior parte degli incidenti gravi coinvolge auto e furgoni. In città si registrano il 73% incidenti, il 70% feriti e il 48% dei morti (molto meno, il 40%, nelle città europee). I sindaci dovrebbero diventare i protagonisti delle misure di sicurezza in strada e i piani comunali (PUMS) finanziati.

Cosa propone invece la legge del ministro Matteo Salvini? Taglia i fondi e poteri ai sindaci: i comuni non potranno decidere “zone 30” troppo estese, istituire zone a pedaggio come a Milano e neppure limitare i veicoli più inquinanti. Il ministro propone sanzioni più severe per gli ubriachi e i drogati al volante, che riguarda il 6% delle cause di incidenti gravi, ma non si aumentano i controlli. Si propongono norme severissime contro il monopattino elettrico (20 all’ora, patentino, casco obbligatorio), un mezzo che ha provocato 16 morti per cadute accidentali o investimento di chi li guidava. Il ministro se la prende poi con i ciclisti, abolendo l’istituzione delle strade urbane ciclabili, delle corsie ciclabili e la “casa avanzata” ai semafori, confinando i ciclisti nelle poche piste ciclabili, per le quali si tagliano i fondi già stanziati dai passati governi.

Quando la sicurezza diventa ideologia e propaganda, non si salvano vita, si fa la guerra. Sulle nostre strade.

Andrea Poggio

Laudate Deum è curare, accogliere, emigrare

Laudate Deum è curare, accogliere, emigrare

Si intitola “Laudate Deum” l’esortazione di Papa Francesco presentata ieri, 4 ottobre, San Francesco, patrono d’Italia, a neanche due mesi dall’apertura della prossima Conferenza Onu sul clima di Dubai che dovrà concordare la fine dell’uso di carbone, petrolio e metano. Ci sono voluti 28 anni perché una Conferenza sul clima affrontasse esplicitamente il tema dell’uscita dall’era dei combustibili fossili.

L’esortazione papale non è motivata solo dall’urgenza, dalla necessità di accelerare la transizione verso l’ecologia integrale, per il bene dell’uomo e della natura, ma anche dalla volontà mettere a nudo “resistenze e confusione”, le manovre di chi, i “segni del cambiamento” vuole “negarli, nasconderli, dissimularli o relativizzarli”.

La colpa non è dei poveri: “la realtà è che una bassa percentuale più ricca della popolazione mondiale inquina di più rispetto al 50% di quella più povera e che le emissioni pro capite dei Paesi più ricchi sono di molto superiori a quelle dei più poveri. Come dimenticare che l’Africa, che ospita più della metà delle persone più povere del mondo, è responsabile solo di una minima parte delle emissioni storiche?” Ecco perché dobbiamo schierarci al fianco delle vittime delle ingiustizie ambientali e climatiche e smettere di investire nel petrolio e nel metano in Africa come a casa nostra. Il Papa ci propone un “mondo al contrario” di come lo stiamo preparando: l’Italia si preoccupa di sfruttare gli ultimi giacimenti di metano africano, mentre dovremmo aiutarli ad uscire per primi dalla povertà e dallo sfruttamento dei fossili.

I cambiamenti climatici e la distruzione della natura sono conseguenza delle azioni umane e ne sono già visibili “gli effetti, in termini di salute, lavoro, accesso alle risorse, abitazioni, migrazioni forzate”. Sì, anche le migrazioni, non sono colpa dei poveri, ma necessità umana causata anche dai cambiamenti climatici. Secondo l’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Onu) entro il 2050 fino a 1,5 miliardi di persone dovranno lasciare le loro case e secondo altre stime nei 20 anni successivi diventeranno 3 miliardi.

Mettere al centro l’uomo e non il petrolio, vuol dire smettere di pensare che le migrazioni siano passeggere, un pericolo da cui difenderci, magari con impossibili blocchi navali, e preoccuparci di preparare, governare e cogliere le nuove opportunità di un fenomeno che sarà secolare. Mia madre ha studiato alla scuola tedesca di Milano e mi raccontava che le “invasioni barbariche” che hanno segnato i secoli dell’impero romano venivano definite sui suoi libri di scuola Völkerwanderungen, migrazioni dei popoli. Una opportunità dunque, una occasione per costruire nuovo sviluppo, nuove economie e nuove società, come sta accadendo, grazie alla mescolanza, alla accettazione delle diversità, nelle nuove metropoli del mondo.

Non è per niente facile, per niente una passeggiata, tanto che è lo stesso Papa ad aver rifiutato quella “etichetta ambientalista” che molti hanno attribuito in maniera superficiale alla Laudato sì. “Non è un’enciclica verde ma un’enciclica sociale”, diceva infatti nell’aprile 2020 ai membri della Fondazione Centesimus Annus, una enciclica che sta tutta nel solco della storia dell’impegno sociale della Chiesa. La nuova esortazione apostolica ad intensificare l’impegno nell’”ecologia integrale”, riguarda la cura della casa comune con le sue relative implicazioni sociali e politiche, in forte sintonia con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile concordati alle Nazioni Unite, che puntano a società prospere e sostenibili.

Andrea Poggio

Fare a meno della caldaia a gas si può

Fare a meno della caldaia a gas si può

Alzi la mano chi abita in un condominio e non ha discusso in questi anni sugli orari di accensione del riscaldamento. C’è chi tiene spento tutta notte e chi distribuisce le 14 ore disponibili in due o più fasce diurne e serali. Quel che in pochi sanno è che la legge che limita gli orari non si applica a chi usufruisce del teleriscaldamento e neppure a chi abita in case efficienti e moderne o chi si riscalda e raffresca con pompe di calore. Anzi, per tutti questi, compresi uffici ed esercizi pubblici, si spreca e si inquina di più a continuare a spegnere ed accendere gli impianti.

La società A2A, che gestisce dallo scorso anno il teleriscaldamento a Lodi, ha sperimentato a Milano e a Bergamo la tariffa “bioraria”: di notte si spende la metà e di giorno poco di più di oggi. Con la bioraria, tenendo sempre acceso, si evitano le punte di domanda del mattino (anche del 25%), si riduce l’uso delle centrali a gas che costano di più e i condomini risparmiano sui costi energetici in modo significativo.

I volontari di Legambiente che si stanno confrontando con i tecnici di A2A hanno scoperto una notevole documentazione scientifica e confronti internazionali con altre città del centro e nord Europa a supporto del cambiamento. Cosa si aspetta allora ad introdurre la tariffa bioraria a Lodi? Dobbiamo dirlo agli amministratori dei condomini allacciati al teleriscaldamento perché informino i condomini prima dell’autunno. Il Comune di Lodi deve decidere di tenere sempre accesi gli impianti degli edifici (uffici e residenziali) che gestisce. Si deve informare l’energy manager dell’università e delle banche che, insieme ad ospedale e Provincia, sono i principali consumatori energetici.

Talvolta basta una misura gestionale per fare del bene sia alle nostre tasche che all’ambiente: la brutta caldaia a gas nascosta dietro il tribunale sta accesa normalmente solo un’ora al giorno (tra le 6 e le 8 del mattino) quando tutti accendono il riscaldamento. Per ammissione dei nuovi amministratori di Lodi è stato un errore averla autorizzata e costruita nel 2022. Come mai allora da due anni non si fa nulla per limitarne subito l’impatto e per farne completamente a meno in futuro?

Le nostre case, come gli uffici e gli edifici pubblici, tra qualche anno saranno climatizzati solo con pompe di calore azionate grazie all’elettricità rinnovabile. I nuovi impianti di quariere, come le nuove costruzioni e le ristrutturazioni più serie non prevedono più caldaie e bruciatori, i pannelli solari tappezzeranno tetti e facciate degli edifici. La Cina è il paese dove si installano più pompe di calore geotermiche perché si è appena concluso il piano governativo di alloggi per 200 milioni di abitanti che si sono trasferiti dalle campagne alle nuove megalopoli. Ne hanno fatte troppe, anche il comunismo ha ecceduto nel cemento e nella speculazione, tanto che è scoppiata la bolla immobiliare.

E allora, a Lodi, cosa aspettiamo, a piantare i rampicanti e gli alberi che erano stati promessi persino dall’ex sindaca Casanova per occultare l’orrore della caldaia a gas? E mentre i camini azzurro acceso saranno tinteggiati in “grigio Londra”, speriamo che qualcuno voglia chiarire i contenuti dello studio del Politecnico per “decarbonizzare” il teleriscaldamento di Lodi annunciato dal comune e promosso da A2A. Non ci interessa un tardivo studio per fare un po’ di efficienza energetica, desideriamo invece, due anni dopo la costruzione, che si programmi quanti altri anni ci vorranno per uscire definitivamente dal metano fossile a Lodi. Con A2A si è avviata una interlocuzione nuova e positiva, ora c’è da recuperare il ritardo e dimostrare che si fa sul serio.

Andrea Poggio