Saperi, sogni e desideri dei migranti

Saperi, sogni e desideri dei migranti

Più di cinquanta associazioni della rete Umanità Lodigiana hanno organizzato al cinema Fanfulla a Lodi per il 15 aprile l’evento spettacolo “Il secolo mobile, liberi di partire e liberi di restare”. Protagonisti saranno il giornalista Gabriele Del Grande e il cantastorie Mohamed Ba. Mohamed Ba, con parole e musica darà voce ai popoli che hanno attraversato l’Africa, anche per giungere in Europa, prima seguendo noi colonizzatori, poi da noi chiamati per combattere le nostre guerre o per lavorare nei nostri campi e cantieri. Gabriele Del Grande narrerà invece le vicissitudini dei milioni migranti che hanno attraversato le frontiere del nostro continente, i nostri mari, le nostre campagne e montagne.

Quando, nell’ultimo dopoguerra di liberazione dal nazismo e dal fascismo, milioni di soldati, di internati o di profughi si sono dovuti inventare una vita a centinaia o migliaia di chilometri di distanza da dove erano nati. Quando non c’erano né controlli né visti, se non la cortina di ferro con i paesi comunisti, quando l’accoglienza era una necessità come la ricostruzione, quando i documenti e i passaporti, in mancanza di ambasciate e trattati, li rilasciava la Società delle nazioni, come dire oggi le Nazioni Unite. Non c’erano clandestini, permessi di soggiorno, “illegali” e ONG: l’imperativo per i nostri nonni, era tornare a vivere e lavorare, tollerandosi e amandosi l’un l’altro.

Gabriele Del Grande ha scritto un poderoso volume di 500 pagine, dal titolo appunto “Il secolo mobile”, sulla storia dell’emigrazione illegale in Europa degli ultimi cent’anni, per ricordarci in primo luogo che illegale, l’emigrazione lo è diventata solo recentemente e solo per le provenienze a noi sgradite, come lo eravamo noi italiani negli Stati Uniti un secolo fa. Se un italiano va in vacanza in Senegal oggi deve solo attendere il passaporto. Un senegalese potrebbe ottenere un visto turistico per tre mesi in Italia solo se stipula una assicurazione sanitaria (copertura minima 30.000 euro), dimostrare di avere un lavoro ben retribuito e disporre di mezzi economici.

Ci siamo dimenticati che quasi la metà dell’attuale popolazione italiana, più di venti milioni, sono emigrati nell’ultimo secolo nel resto del mondo. Conviviamo, in Italia e in Europa, con decine di milioni di lavoratori nati in altri paesi del mondo, con parenti e figli, tutti entrati con un volo aereo e con un visto turistico. Il nostro attuale governo ha appena autorizzato 150 mila ingressi dai paesi dell’Asia e dell’Africa non graditi, perché lavorino a basso costo nelle nostre imprese. Eppure ministri e politici ipocriti sembrano preoccuparsi solo di fermare l’invasione di 160 mila poveracci che ogni anno le nostre leggi assurde costringono a prendere i pericolosi barchini di mafiosi libici o a imboccare la faticosa rotta balcanica, spendendo tutti i loro averi.

L’ultimo rapporto Legambiente e del UNHCR (l’agenzia ONU che si occupa dei rifugiati) “Acqua, conflitti e migrazioni forzate”, richiama l’attenzione sulla scorretta e ingiusta gestione delle risorse idriche, causa di instabilità e guerre. E’ l’uso del petrolio e del metano fossile africano che aggrava la crisi climatica, la crescente siccità e nuovi conflitti e migrazioni. Ecco perché il “Piano Mattei per l’Africa” promosso dal governo Meloni aumenterà l’emigrazione illegale. Ecco perché, l’Italia fa male a spendere mezzo miliardo di euro per la guardia costiera e la bande criminali libiche, promettere duecento milioni sia all’Egitto che alla Tunisia, un miliardo per i campi in Albania, mentre farebbe bene a spendere quei soldi in scuole e formazione professionale per i migranti entrati in Italia. Abbiamo bisogno di condividere lavoro e sapere, sogni e desideri, non del loro gas e petrolio.

Andrea Poggio

18.000 decessi per ondate di calore

18.000 decessi per ondate di calore

“Buongiorno, ci sono due lupi che si aggirano qui per la campagna, potete fare qualcosa?” Mi domandano al telefono. L’agricoltore che mi chiama li ha visti lontano ed è possibile che si confonda con cani randagi. Rispondo che dovrebbe segnalare l’avvistamento ai carabinieri forestali. “Io non avevo mai visto i lupi qui, chi li ha liberati? Siete stati voi, gli animalisti.” Capisco che vuole sfogarsi, gli spiego inutilmente che ci sono appena un centinaio di lupi in giro per la Lombardia, soprattutto in montagna nelle valli alpine e dell’Appennino. Dei 4 branchi di una ventina di esemplari in tutto che popolano la pianura, un piccolo branco è segnalato anche nel lodigiano da qualche anno a questa parte.

Nessuno li ha liberati, se non il buon Dio e le leggi della natura: un giovane lupo che lascia il branco può allontanarsi anche centinaia di chilometri. In genere il lupo sta lontano dall’uomo; sono i pascoli e i rifiuti abbandonati ad attirarli, come le loro prede, vicino alle abitazioni. Non c’è una emergenza: i rimborsi dei danni provocati provocati dagli attacchi ai pascoli dei grandi carnivori (lupi e orsi) in Lombardia ammontano a circa 60 mila euro all’anno, nel 2023 in lieve calo rispetto all’anno precedente.

Dei 130 attacchi di lupi censiti in dieci anni (dal 2012 al 2022), la provincia di Brescia ha registrato il maggior numero di aggressioni da lupi con 54 attacchi, davanti a Sondrio con 31. Seguono Como con 17, Pavia con 13, Bergamo con 8, Lecco con 2, Milano, Mantova e Varese con 1. Solo Cremona, Lodi e Monza Brianza non hanno fatto registrare episodi di attacchi. Per questa ragione i 70 interventi finanziati dalle regioni per la prevenzione degli attacchi di lupi, nessuno ha previsto abbattimenti. Si è trattato in genere di recinzioni elettrificate per evitare la dispersione dei pascoli e di buoni cani guardiani per le greggi. Contro gli orsi in trentino, la misura che si sta rivelando più efficace è stata la sostituzione dei cassonetti di raccolta dei rifiuti umidi, tutti chiusi e a prova di sfondamento: devono infatti resistere alla forza di animali maschi che possono raggiungere i 200 chili.

La speranza di trovare da mangiare, attira sia prede che predatori presso gli abitati: è così anche anche per i cinghiali. I cinghiali che circolano liberi nelle campagne sono prevalentemente specie ibridate con i maiali, sfuggiti o liberati dagli allevamenti con la speranza inconfessabile di poterli poi cacciare. Nonostante la selettiva caccia al cinghiale sia aperta in Lombardia da anni, il cinghiale inselvatichito continua imperterrito ad attraversare le strade, causando una ottantina di incidenti all’anno, in genere fatali per l’animale.

I cinghiali in libertà possono essere causa di trasmissione di peste suina (letale per gli animali, ma non trasmissibile all’uomo)? Sì, ma come precisa l’ufficio federale svizzero per la sicurezza alimentare e veterinaria, solo nel caso di suini allevati allo stato libero e “lentamente e su brevi distanze”. “Le attività umane sono le principali responsabili della diffusione della malattia sulle lunghe distanze”, a causa di contaminazione di “impianti, mezzi di trasporto oppure scarti di carne contaminata smaltiti nella natura.”

In regione ingrassiamo 4,5 milioni di maiali e importiamo 700 mila capi dall’estero, la metà dei quali di peso inferiore ai 50 chili. Per arginare il diffondersi di peste suina negli allevamenti la Regione ha stanziato 4,7 milioni di euro di soldi pubblici per inutili recinzioni fisse anti-cinghiali e per impianti automatizzati per la disinfezione dei mezzi adibiti al trasporto degli animali. E diamo la colpa ai cinghiali e all’ambiente.

Andrea Poggio

L’animale più pericoloso siamo noi

L’animale più pericoloso siamo noi

“Buongiorno, ci sono due lupi che si aggirano qui per la campagna, potete fare qualcosa?” Mi domandano al telefono. L’agricoltore che mi chiama li ha visti lontano ed è possibile che si confonda con cani randagi. Rispondo che dovrebbe segnalare l’avvistamento ai carabinieri forestali. “Io non avevo mai visto i lupi qui, chi li ha liberati? Siete stati voi, gli animalisti.” Capisco che vuole sfogarsi, gli spiego inutilmente che ci sono appena un centinaio di lupi in giro per la Lombardia, soprattutto in montagna nelle valli alpine e dell’Appennino. Dei 4 branchi di una ventina di esemplari in tutto che popolano la pianura, un piccolo branco è segnalato anche nel lodigiano da qualche anno a questa parte.

Nessuno li ha liberati, se non il buon Dio e le leggi della natura: un giovane lupo che lascia il branco può allontanarsi anche centinaia di chilometri. In genere il lupo sta lontano dall’uomo; sono i pascoli e i rifiuti abbandonati ad attirarli, come le loro prede, vicino alle abitazioni. Non c’è una emergenza: i rimborsi dei danni provocati provocati dagli attacchi ai pascoli dei grandi carnivori (lupi e orsi) in Lombardia ammontano a circa 60 mila euro all’anno, nel 2023 in lieve calo rispetto all’anno precedente.

Dei 130 attacchi di lupi censiti in dieci anni (dal 2012 al 2022), la provincia di Brescia ha registrato il maggior numero di aggressioni da lupi con 54 attacchi, davanti a Sondrio con 31. Seguono Como con 17, Pavia con 13, Bergamo con 8, Lecco con 2, Milano, Mantova e Varese con 1. Solo Cremona, Lodi e Monza Brianza non hanno fatto registrare episodi di attacchi. Per questa ragione i 70 interventi finanziati dalle regioni per la prevenzione degli attacchi di lupi, nessuno ha previsto abbattimenti. Si è trattato in genere di recinzioni elettrificate per evitare la dispersione dei pascoli e di buoni cani guardiani per le greggi. Contro gli orsi in trentino, la misura che si sta rivelando più efficace è stata la sostituzione dei cassonetti di raccolta dei rifiuti umidi, tutti chiusi e a prova di sfondamento: devono infatti resistere alla forza di animali maschi che possono raggiungere i 200 chili.

La speranza di trovare da mangiare, attira sia prede che predatori presso gli abitati: è così anche anche per i cinghiali. I cinghiali che circolano liberi nelle campagne sono prevalentemente specie ibridate con i maiali, sfuggiti o liberati dagli allevamenti con la speranza inconfessabile di poterli poi cacciare. Nonostante la selettiva caccia al cinghiale sia aperta in Lombardia da anni, il cinghiale inselvatichito continua imperterrito ad attraversare le strade, causando una ottantina di incidenti all’anno, in genere fatali per l’animale.

I cinghiali in libertà possono essere causa di trasmissione di peste suina (letale per gli animali, ma non trasmissibile all’uomo)? Sì, ma come precisa l’ufficio federale svizzero per la sicurezza alimentare e veterinaria, solo nel caso di suini allevati allo stato libero e “lentamente e su brevi distanze”. “Le attività umane sono le principali responsabili della diffusione della malattia sulle lunghe distanze”, a causa di contaminazione di “impianti, mezzi di trasporto oppure scarti di carne contaminata smaltiti nella natura.”

In regione ingrassiamo 4,5 milioni di maiali e importiamo 700 mila capi dall’estero, la metà dei quali di peso inferiore ai 50 chili. Per arginare il diffondersi di peste suina negli allevamenti la Regione ha stanziato 4,7 milioni di euro di soldi pubblici per inutili recinzioni fisse anti-cinghiali e per impianti automatizzati per la disinfezione dei mezzi adibiti al trasporto degli animali. E diamo la colpa ai cinghiali e all’ambiente.

Andrea Poggio

Comunicato stampa – GAS Solare

Comunicato stampa – GAS Solare

Comunicato stampa

 

GAS Solare: Legambiente e rete Umanità Lodigiana
lanciano oggi il primo Gruppo d’Acquisto Solare
in Comunità Energetica del lodigiano.
Per chi vuole diventare produttore fotovoltaico, incentivi e contributi.

Chiunque abbia intestato un contatore elettrico e un tetto, in proprietà o affitto (che sia abitazione, ufficio, negozio, officina o edificio agricolo) può aderire al Gruppo d’acquisto solare per diventare produttore di energia elettrica in Comunità energetica rinnovabile e solidale (CERS). E può farlo subito, firmando il modulo di adesione al GAS Solare promosso dalla rete di associazioni Umanità Lodigiana e dal  circolo Legambiente LodiVerde. Il modulo si può richiedere via email a comunitasolare@gmail.com oppure al telefono 334 236 7802.

Da questa sera, 29 agosto, spiegazioni e noduli di adesione si possono ottenere anche al banchetto della Festa provinciale de l’Unità al Capanno di Lodi, al gazebo delle associazioni ambientaliste. Nelle prossime settimane definiremo un calendario di appuntamenti ed assemblee di presentazione del GAS in decine di comuni in tutto il lodigiano.

I “GAS solari” non sono una novità in Italia per Legambiente: a Piacenza si sta concludendo proprio in questi giorni il quinto gruppo con una ventina di impianti realizzati. Ma la novità è costituita nella possibilità di accedere ai contributi PNRR in conto capitale per tutti gli impianti realizzati nei piccoli centri (comuni con meno di 5 mila abitanti) se il proprietario dell’impianto ha aderito ad una Comunità Energetica. Il contributo statale previsto è pari al 40% della spesa complessiva, ivi comprese le spese di allaccio alla rete e di costituzione della comunità.

Quindi se era già conveniente installare pannelli solari per il proprio autoconsumo, ora lo è diventato ancor più conveniente. In più, realizzando l’impianto insieme nel gruppo d’acquisto, si può avere la certezza di prezzi giusti, caratteristiche ottimali dell’impianto e l’assistenza totale degli installatori e della CER “Comunità Solare” già costituita e riconosciuta. I tecnici delle associazioni hanno infatti elaborato un preciso Capitolato per selezionare non più di due o tre installatori capaci di garantire la migliore qualità dei componenti, la migliore assistenza nei massimali di prezzo previsti dal governo. Insomma, nessun rischio di lievitazione della spesa come nel caso dei superbonus. Nei prossimi giorni apriremo le buste e gli installatori autorizzati potranno fissare appuntamenti per sopralluoghi e offerta finale.

Chi può partecipare? Tutti: cittadini e famiglie, imprese individuali, negozi, piccola e media impresa, enti laici e religiosi, persino amministrazioni pubbliche e grandi industria (ma in quest’ultimo caso come “produttore terzo”, quindi non può essere socio della Comunità Energetica). Gli impianti realizzabili sono di taglia piccola (tra 2 e 6 kW, tra 6 e 20 kW) per le abitazioni, di taglia media (sino a 200 kW) per tetti di enti, negozi o officine, sino a quasi un megawatt nel caso di capannoni industriali. Non sono previsti impianti su suolo coltivato.

Ma la Comunità energetica c’è già? Sì, anche nel lodigiano si sono già costituite una mezza dozzina di CER di iniziativa di singoli comuni o di aziende private. Come risultato del progetto “Lodi Solare”, finanziato da Fondazione Cariplo, il 2 luglio scorso si è costituita a Lodi la “Comunità Solare”, come società cooperativa, impresa sociale ed Ente del Terzo Settore (no profit), come CERSolidale di area vasta (così detta “zona di mercato”) che si sta già accreditando con diverse “configurazioni” attorno alle cabine primarie della provincia di Lodi e di Piacenza. La legge infatti prescrive, prima della richiesta di contributo o di allacciamento di impianto alla rete, sia già costituita la Comunità Energetica di appartenenza del socio produttore. Solo a questa condizione si ha diritto a contributi ed incentivi sull’energia condivisa. Solo a questa condizione l’incentivo permette alla “Comunità Solare” di generare ogni anno un “Fondo Solidale” per progetti sociali e ambientali per il territorio. La “Comunità Solare” si è costituita a partire da privati impegnati nelle due provincie in associazioni e vanta già oggi una ventina di adesioni e alcune decine di richieste di adesioni di privati, soggetti giuridici, imprese e enti pubblici: in alcuni casi le procedure per divenire soci sono infatti piuttosto lunghe.

“Prevediamo decine di adesioni già nei prossimi mesi di settembre e ottobre di soci produttori” – si sostiene a Legambiente – “e almeno un megawatt di impianti tra quelli già previsti nelle richiesta di contributo alla Fondazione Cariplo e PNRR.” Nel vademecum del GAS Solare sono esemplificati due casi di impianti di piccola e media taglia (che escludono extra come smart box per auto elettriche o batterie d’accumulo rilevanti):

Gruppo di coordinamento della Rete Umanità Lodigiana

Circolo Legambiente LodiVerde APS

Contro l’inceneritore di Vidardo facciamo un’“inchiesta pubblica”

Contro l’inceneritore di Vidardo facciamo un’“inchiesta pubblica”

Forest Area

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