Manca sicurezza in strada

Manca sicurezza in strada

Nel lodigiano gli incidenti stradali nel 2022 sono tornati ai livelli pre-pandemia (2019) come – d’altra parte – in tutta Italia. Eppure il Piano nazionale della sicurezza stradale prevede l’adozione di provvedimenti per rendere i veicoli e strade più sicure, allo scopo di dimezzare morti e feriti gravi entro il 2030. L’anno scorso nel lodigiano si sono infatti registrati 9 morti e 623 feriti, nel 2019 sempre 9 morti e 708 feriti in più di 400 diversi incidenti. Non è andata meglio a Lodi, con 3 morti e 212 feriti.

Nel lodigiano il tasso di incidentalità rimane comunque il più basso tra le province lombarde e si attestato, nel 2022, a 178 incidenti stradali ogni 100 mila abitanti, mentre la media regionale è di 289. Ma resta il fatto che in strada che si corre il rischio di morire o di rimanere invalidi per tutta la vita. E’ quindi apprezzabile che la città di Lodi si sia proposta di ridurre la velocità massima a 30 all’ora e che il Ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, abbia presentato al parlamento un disegno di legge in tema di sicurezza. Nel 2022 in Italia si sono registrati 165.889 incidenti, 3159 morti (oltre 8,6 decessi al giorno) e 223.475 feriti. Dati in crescita di oltre il 9% rispetto all’anno precedente, il 2021 e in controtendenza rispetto agli altri paesi: abbiamo avuto 54 morti ogni milione di abitanti, mentre la media in Europa è 46. Nel 2010 i morti erano 68, in Europa 67. Vuol dire che in Europa le strade sono diventata decisamente più sicure di quanto abbiamo saputo fare in Italia.

Per dimezzare nei prossimi sette anni l’ecatombe in strada, per ridurre i morti da oltre 3.000 all’anno a 1.500, dovremmo ridurre le cause all’origine degli incidenti, che nelle strade extraurbane sono determinati, in ordine di frequenza accertata, per il 21% dalla distrazione, per il 13% dalla velocità troppo elevata e per il 11% distanza di sicurezza. Solo nell’1% dei casi (3,4% in città) per comportamento scorretto del pedone. Ormai le nuove auto, come i nostri smarphone, sono in grado di riconosce, segnalare e limitare automaticamente tali rischi: le nuove auto si “accorgono” quando calano le palpedre per il sonno, riconoscono chi guida, lo stato di ebrezza, l’eccesso di velocità e i rischi di collisione. Limitare la velocità è la misura più sicura, efficace ed efficiente per ridurre la gravità degli incidenti, le emissioni di CO2 e gli inquinanti. Bisognerebbe rendere obbligatori tali automatismi, come

Oggi, il 49% morti sono utenti deboli: pedoni, ciclisti, disabili in carrozzina, monopattini, mentre la maggior parte degli incidenti gravi coinvolge auto e furgoni. In città si registrano il 73% incidenti, il 70% feriti e il 48% dei morti (molto meno, il 40%, nelle città europee). I sindaci dovrebbero diventare i protagonisti delle misure di sicurezza in strada e i piani comunali (PUMS) finanziati.

Cosa propone invece la legge del ministro Matteo Salvini? Taglia i fondi e poteri ai sindaci: i comuni non potranno decidere “zone 30” troppo estese, istituire zone a pedaggio come a Milano e neppure limitare i veicoli più inquinanti. Il ministro propone sanzioni più severe per gli ubriachi e i drogati al volante, che riguarda il 6% delle cause di incidenti gravi, ma non si aumentano i controlli. Si propongono norme severissime contro il monopattino elettrico (20 all’ora, patentino, casco obbligatorio), un mezzo che ha provocato 16 morti per cadute accidentali o investimento di chi li guidava. Il ministro se la prende poi con i ciclisti, abolendo l’istituzione delle strade urbane ciclabili, delle corsie ciclabili e la “casa avanzata” ai semafori, confinando i ciclisti nelle poche piste ciclabili, per le quali si tagliano i fondi già stanziati dai passati governi.

Quando la sicurezza diventa ideologia e propaganda, non si salvano vita, si fa la guerra. Sulle nostre strade.

Andrea Poggio

Laudate Deum è curare, accogliere, emigrare

Laudate Deum è curare, accogliere, emigrare

Si intitola “Laudate Deum” l’esortazione di Papa Francesco presentata ieri, 4 ottobre, San Francesco, patrono d’Italia, a neanche due mesi dall’apertura della prossima Conferenza Onu sul clima di Dubai che dovrà concordare la fine dell’uso di carbone, petrolio e metano. Ci sono voluti 28 anni perché una Conferenza sul clima affrontasse esplicitamente il tema dell’uscita dall’era dei combustibili fossili.

L’esortazione papale non è motivata solo dall’urgenza, dalla necessità di accelerare la transizione verso l’ecologia integrale, per il bene dell’uomo e della natura, ma anche dalla volontà mettere a nudo “resistenze e confusione”, le manovre di chi, i “segni del cambiamento” vuole “negarli, nasconderli, dissimularli o relativizzarli”.

La colpa non è dei poveri: “la realtà è che una bassa percentuale più ricca della popolazione mondiale inquina di più rispetto al 50% di quella più povera e che le emissioni pro capite dei Paesi più ricchi sono di molto superiori a quelle dei più poveri. Come dimenticare che l’Africa, che ospita più della metà delle persone più povere del mondo, è responsabile solo di una minima parte delle emissioni storiche?” Ecco perché dobbiamo schierarci al fianco delle vittime delle ingiustizie ambientali e climatiche e smettere di investire nel petrolio e nel metano in Africa come a casa nostra. Il Papa ci propone un “mondo al contrario” di come lo stiamo preparando: l’Italia si preoccupa di sfruttare gli ultimi giacimenti di metano africano, mentre dovremmo aiutarli ad uscire per primi dalla povertà e dallo sfruttamento dei fossili.

I cambiamenti climatici e la distruzione della natura sono conseguenza delle azioni umane e ne sono già visibili “gli effetti, in termini di salute, lavoro, accesso alle risorse, abitazioni, migrazioni forzate”. Sì, anche le migrazioni, non sono colpa dei poveri, ma necessità umana causata anche dai cambiamenti climatici. Secondo l’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Onu) entro il 2050 fino a 1,5 miliardi di persone dovranno lasciare le loro case e secondo altre stime nei 20 anni successivi diventeranno 3 miliardi.

Mettere al centro l’uomo e non il petrolio, vuol dire smettere di pensare che le migrazioni siano passeggere, un pericolo da cui difenderci, magari con impossibili blocchi navali, e preoccuparci di preparare, governare e cogliere le nuove opportunità di un fenomeno che sarà secolare. Mia madre ha studiato alla scuola tedesca di Milano e mi raccontava che le “invasioni barbariche” che hanno segnato i secoli dell’impero romano venivano definite sui suoi libri di scuola Völkerwanderungen, migrazioni dei popoli. Una opportunità dunque, una occasione per costruire nuovo sviluppo, nuove economie e nuove società, come sta accadendo, grazie alla mescolanza, alla accettazione delle diversità, nelle nuove metropoli del mondo.

Non è per niente facile, per niente una passeggiata, tanto che è lo stesso Papa ad aver rifiutato quella “etichetta ambientalista” che molti hanno attribuito in maniera superficiale alla Laudato sì. “Non è un’enciclica verde ma un’enciclica sociale”, diceva infatti nell’aprile 2020 ai membri della Fondazione Centesimus Annus, una enciclica che sta tutta nel solco della storia dell’impegno sociale della Chiesa. La nuova esortazione apostolica ad intensificare l’impegno nell’”ecologia integrale”, riguarda la cura della casa comune con le sue relative implicazioni sociali e politiche, in forte sintonia con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile concordati alle Nazioni Unite, che puntano a società prospere e sostenibili.

Andrea Poggio

Fare a meno della caldaia a gas si può

Fare a meno della caldaia a gas si può

Alzi la mano chi abita in un condominio e non ha discusso in questi anni sugli orari di accensione del riscaldamento. C’è chi tiene spento tutta notte e chi distribuisce le 14 ore disponibili in due o più fasce diurne e serali. Quel che in pochi sanno è che la legge che limita gli orari non si applica a chi usufruisce del teleriscaldamento e neppure a chi abita in case efficienti e moderne o chi si riscalda e raffresca con pompe di calore. Anzi, per tutti questi, compresi uffici ed esercizi pubblici, si spreca e si inquina di più a continuare a spegnere ed accendere gli impianti.

La società A2A, che gestisce dallo scorso anno il teleriscaldamento a Lodi, ha sperimentato a Milano e a Bergamo la tariffa “bioraria”: di notte si spende la metà e di giorno poco di più di oggi. Con la bioraria, tenendo sempre acceso, si evitano le punte di domanda del mattino (anche del 25%), si riduce l’uso delle centrali a gas che costano di più e i condomini risparmiano sui costi energetici in modo significativo.

I volontari di Legambiente che si stanno confrontando con i tecnici di A2A hanno scoperto una notevole documentazione scientifica e confronti internazionali con altre città del centro e nord Europa a supporto del cambiamento. Cosa si aspetta allora ad introdurre la tariffa bioraria a Lodi? Dobbiamo dirlo agli amministratori dei condomini allacciati al teleriscaldamento perché informino i condomini prima dell’autunno. Il Comune di Lodi deve decidere di tenere sempre accesi gli impianti degli edifici (uffici e residenziali) che gestisce. Si deve informare l’energy manager dell’università e delle banche che, insieme ad ospedale e Provincia, sono i principali consumatori energetici.

Talvolta basta una misura gestionale per fare del bene sia alle nostre tasche che all’ambiente: la brutta caldaia a gas nascosta dietro il tribunale sta accesa normalmente solo un’ora al giorno (tra le 6 e le 8 del mattino) quando tutti accendono il riscaldamento. Per ammissione dei nuovi amministratori di Lodi è stato un errore averla autorizzata e costruita nel 2022. Come mai allora da due anni non si fa nulla per limitarne subito l’impatto e per farne completamente a meno in futuro?

Le nostre case, come gli uffici e gli edifici pubblici, tra qualche anno saranno climatizzati solo con pompe di calore azionate grazie all’elettricità rinnovabile. I nuovi impianti di quariere, come le nuove costruzioni e le ristrutturazioni più serie non prevedono più caldaie e bruciatori, i pannelli solari tappezzeranno tetti e facciate degli edifici. La Cina è il paese dove si installano più pompe di calore geotermiche perché si è appena concluso il piano governativo di alloggi per 200 milioni di abitanti che si sono trasferiti dalle campagne alle nuove megalopoli. Ne hanno fatte troppe, anche il comunismo ha ecceduto nel cemento e nella speculazione, tanto che è scoppiata la bolla immobiliare.

E allora, a Lodi, cosa aspettiamo, a piantare i rampicanti e gli alberi che erano stati promessi persino dall’ex sindaca Casanova per occultare l’orrore della caldaia a gas? E mentre i camini azzurro acceso saranno tinteggiati in “grigio Londra”, speriamo che qualcuno voglia chiarire i contenuti dello studio del Politecnico per “decarbonizzare” il teleriscaldamento di Lodi annunciato dal comune e promosso da A2A. Non ci interessa un tardivo studio per fare un po’ di efficienza energetica, desideriamo invece, due anni dopo la costruzione, che si programmi quanti altri anni ci vorranno per uscire definitivamente dal metano fossile a Lodi. Con A2A si è avviata una interlocuzione nuova e positiva, ora c’è da recuperare il ritardo e dimostrare che si fa sul serio.

Andrea Poggio

Saperi, sogni e desideri dei migranti

Saperi, sogni e desideri dei migranti

Più di cinquanta associazioni della rete Umanità Lodigiana hanno organizzato al cinema Fanfulla a Lodi per il 15 aprile l’evento spettacolo “Il secolo mobile, liberi di partire e liberi di restare”. Protagonisti saranno il giornalista Gabriele Del Grande e il cantastorie Mohamed Ba. Mohamed Ba, con parole e musica darà voce ai popoli che hanno attraversato l’Africa, anche per giungere in Europa, prima seguendo noi colonizzatori, poi da noi chiamati per combattere le nostre guerre o per lavorare nei nostri campi e cantieri. Gabriele Del Grande narrerà invece le vicissitudini dei milioni migranti che hanno attraversato le frontiere del nostro continente, i nostri mari, le nostre campagne e montagne.

Quando, nell’ultimo dopoguerra di liberazione dal nazismo e dal fascismo, milioni di soldati, di internati o di profughi si sono dovuti inventare una vita a centinaia o migliaia di chilometri di distanza da dove erano nati. Quando non c’erano né controlli né visti, se non la cortina di ferro con i paesi comunisti, quando l’accoglienza era una necessità come la ricostruzione, quando i documenti e i passaporti, in mancanza di ambasciate e trattati, li rilasciava la Società delle nazioni, come dire oggi le Nazioni Unite. Non c’erano clandestini, permessi di soggiorno, “illegali” e ONG: l’imperativo per i nostri nonni, era tornare a vivere e lavorare, tollerandosi e amandosi l’un l’altro.

Gabriele Del Grande ha scritto un poderoso volume di 500 pagine, dal titolo appunto “Il secolo mobile”, sulla storia dell’emigrazione illegale in Europa degli ultimi cent’anni, per ricordarci in primo luogo che illegale, l’emigrazione lo è diventata solo recentemente e solo per le provenienze a noi sgradite, come lo eravamo noi italiani negli Stati Uniti un secolo fa. Se un italiano va in vacanza in Senegal oggi deve solo attendere il passaporto. Un senegalese potrebbe ottenere un visto turistico per tre mesi in Italia solo se stipula una assicurazione sanitaria (copertura minima 30.000 euro), dimostrare di avere un lavoro ben retribuito e disporre di mezzi economici.

Ci siamo dimenticati che quasi la metà dell’attuale popolazione italiana, più di venti milioni, sono emigrati nell’ultimo secolo nel resto del mondo. Conviviamo, in Italia e in Europa, con decine di milioni di lavoratori nati in altri paesi del mondo, con parenti e figli, tutti entrati con un volo aereo e con un visto turistico. Il nostro attuale governo ha appena autorizzato 150 mila ingressi dai paesi dell’Asia e dell’Africa non graditi, perché lavorino a basso costo nelle nostre imprese. Eppure ministri e politici ipocriti sembrano preoccuparsi solo di fermare l’invasione di 160 mila poveracci che ogni anno le nostre leggi assurde costringono a prendere i pericolosi barchini di mafiosi libici o a imboccare la faticosa rotta balcanica, spendendo tutti i loro averi.

L’ultimo rapporto Legambiente e del UNHCR (l’agenzia ONU che si occupa dei rifugiati) “Acqua, conflitti e migrazioni forzate”, richiama l’attenzione sulla scorretta e ingiusta gestione delle risorse idriche, causa di instabilità e guerre. E’ l’uso del petrolio e del metano fossile africano che aggrava la crisi climatica, la crescente siccità e nuovi conflitti e migrazioni. Ecco perché il “Piano Mattei per l’Africa” promosso dal governo Meloni aumenterà l’emigrazione illegale. Ecco perché, l’Italia fa male a spendere mezzo miliardo di euro per la guardia costiera e la bande criminali libiche, promettere duecento milioni sia all’Egitto che alla Tunisia, un miliardo per i campi in Albania, mentre farebbe bene a spendere quei soldi in scuole e formazione professionale per i migranti entrati in Italia. Abbiamo bisogno di condividere lavoro e sapere, sogni e desideri, non del loro gas e petrolio.

Andrea Poggio

18.000 decessi per ondate di calore

18.000 decessi per ondate di calore

“Buongiorno, ci sono due lupi che si aggirano qui per la campagna, potete fare qualcosa?” Mi domandano al telefono. L’agricoltore che mi chiama li ha visti lontano ed è possibile che si confonda con cani randagi. Rispondo che dovrebbe segnalare l’avvistamento ai carabinieri forestali. “Io non avevo mai visto i lupi qui, chi li ha liberati? Siete stati voi, gli animalisti.” Capisco che vuole sfogarsi, gli spiego inutilmente che ci sono appena un centinaio di lupi in giro per la Lombardia, soprattutto in montagna nelle valli alpine e dell’Appennino. Dei 4 branchi di una ventina di esemplari in tutto che popolano la pianura, un piccolo branco è segnalato anche nel lodigiano da qualche anno a questa parte.

Nessuno li ha liberati, se non il buon Dio e le leggi della natura: un giovane lupo che lascia il branco può allontanarsi anche centinaia di chilometri. In genere il lupo sta lontano dall’uomo; sono i pascoli e i rifiuti abbandonati ad attirarli, come le loro prede, vicino alle abitazioni. Non c’è una emergenza: i rimborsi dei danni provocati provocati dagli attacchi ai pascoli dei grandi carnivori (lupi e orsi) in Lombardia ammontano a circa 60 mila euro all’anno, nel 2023 in lieve calo rispetto all’anno precedente.

Dei 130 attacchi di lupi censiti in dieci anni (dal 2012 al 2022), la provincia di Brescia ha registrato il maggior numero di aggressioni da lupi con 54 attacchi, davanti a Sondrio con 31. Seguono Como con 17, Pavia con 13, Bergamo con 8, Lecco con 2, Milano, Mantova e Varese con 1. Solo Cremona, Lodi e Monza Brianza non hanno fatto registrare episodi di attacchi. Per questa ragione i 70 interventi finanziati dalle regioni per la prevenzione degli attacchi di lupi, nessuno ha previsto abbattimenti. Si è trattato in genere di recinzioni elettrificate per evitare la dispersione dei pascoli e di buoni cani guardiani per le greggi. Contro gli orsi in trentino, la misura che si sta rivelando più efficace è stata la sostituzione dei cassonetti di raccolta dei rifiuti umidi, tutti chiusi e a prova di sfondamento: devono infatti resistere alla forza di animali maschi che possono raggiungere i 200 chili.

La speranza di trovare da mangiare, attira sia prede che predatori presso gli abitati: è così anche anche per i cinghiali. I cinghiali che circolano liberi nelle campagne sono prevalentemente specie ibridate con i maiali, sfuggiti o liberati dagli allevamenti con la speranza inconfessabile di poterli poi cacciare. Nonostante la selettiva caccia al cinghiale sia aperta in Lombardia da anni, il cinghiale inselvatichito continua imperterrito ad attraversare le strade, causando una ottantina di incidenti all’anno, in genere fatali per l’animale.

I cinghiali in libertà possono essere causa di trasmissione di peste suina (letale per gli animali, ma non trasmissibile all’uomo)? Sì, ma come precisa l’ufficio federale svizzero per la sicurezza alimentare e veterinaria, solo nel caso di suini allevati allo stato libero e “lentamente e su brevi distanze”. “Le attività umane sono le principali responsabili della diffusione della malattia sulle lunghe distanze”, a causa di contaminazione di “impianti, mezzi di trasporto oppure scarti di carne contaminata smaltiti nella natura.”

In regione ingrassiamo 4,5 milioni di maiali e importiamo 700 mila capi dall’estero, la metà dei quali di peso inferiore ai 50 chili. Per arginare il diffondersi di peste suina negli allevamenti la Regione ha stanziato 4,7 milioni di euro di soldi pubblici per inutili recinzioni fisse anti-cinghiali e per impianti automatizzati per la disinfezione dei mezzi adibiti al trasporto degli animali. E diamo la colpa ai cinghiali e all’ambiente.

Andrea Poggio

L’animale più pericoloso siamo noi

L’animale più pericoloso siamo noi

“Buongiorno, ci sono due lupi che si aggirano qui per la campagna, potete fare qualcosa?” Mi domandano al telefono. L’agricoltore che mi chiama li ha visti lontano ed è possibile che si confonda con cani randagi. Rispondo che dovrebbe segnalare l’avvistamento ai carabinieri forestali. “Io non avevo mai visto i lupi qui, chi li ha liberati? Siete stati voi, gli animalisti.” Capisco che vuole sfogarsi, gli spiego inutilmente che ci sono appena un centinaio di lupi in giro per la Lombardia, soprattutto in montagna nelle valli alpine e dell’Appennino. Dei 4 branchi di una ventina di esemplari in tutto che popolano la pianura, un piccolo branco è segnalato anche nel lodigiano da qualche anno a questa parte.

Nessuno li ha liberati, se non il buon Dio e le leggi della natura: un giovane lupo che lascia il branco può allontanarsi anche centinaia di chilometri. In genere il lupo sta lontano dall’uomo; sono i pascoli e i rifiuti abbandonati ad attirarli, come le loro prede, vicino alle abitazioni. Non c’è una emergenza: i rimborsi dei danni provocati provocati dagli attacchi ai pascoli dei grandi carnivori (lupi e orsi) in Lombardia ammontano a circa 60 mila euro all’anno, nel 2023 in lieve calo rispetto all’anno precedente.

Dei 130 attacchi di lupi censiti in dieci anni (dal 2012 al 2022), la provincia di Brescia ha registrato il maggior numero di aggressioni da lupi con 54 attacchi, davanti a Sondrio con 31. Seguono Como con 17, Pavia con 13, Bergamo con 8, Lecco con 2, Milano, Mantova e Varese con 1. Solo Cremona, Lodi e Monza Brianza non hanno fatto registrare episodi di attacchi. Per questa ragione i 70 interventi finanziati dalle regioni per la prevenzione degli attacchi di lupi, nessuno ha previsto abbattimenti. Si è trattato in genere di recinzioni elettrificate per evitare la dispersione dei pascoli e di buoni cani guardiani per le greggi. Contro gli orsi in trentino, la misura che si sta rivelando più efficace è stata la sostituzione dei cassonetti di raccolta dei rifiuti umidi, tutti chiusi e a prova di sfondamento: devono infatti resistere alla forza di animali maschi che possono raggiungere i 200 chili.

La speranza di trovare da mangiare, attira sia prede che predatori presso gli abitati: è così anche anche per i cinghiali. I cinghiali che circolano liberi nelle campagne sono prevalentemente specie ibridate con i maiali, sfuggiti o liberati dagli allevamenti con la speranza inconfessabile di poterli poi cacciare. Nonostante la selettiva caccia al cinghiale sia aperta in Lombardia da anni, il cinghiale inselvatichito continua imperterrito ad attraversare le strade, causando una ottantina di incidenti all’anno, in genere fatali per l’animale.

I cinghiali in libertà possono essere causa di trasmissione di peste suina (letale per gli animali, ma non trasmissibile all’uomo)? Sì, ma come precisa l’ufficio federale svizzero per la sicurezza alimentare e veterinaria, solo nel caso di suini allevati allo stato libero e “lentamente e su brevi distanze”. “Le attività umane sono le principali responsabili della diffusione della malattia sulle lunghe distanze”, a causa di contaminazione di “impianti, mezzi di trasporto oppure scarti di carne contaminata smaltiti nella natura.”

In regione ingrassiamo 4,5 milioni di maiali e importiamo 700 mila capi dall’estero, la metà dei quali di peso inferiore ai 50 chili. Per arginare il diffondersi di peste suina negli allevamenti la Regione ha stanziato 4,7 milioni di euro di soldi pubblici per inutili recinzioni fisse anti-cinghiali e per impianti automatizzati per la disinfezione dei mezzi adibiti al trasporto degli animali. E diamo la colpa ai cinghiali e all’ambiente.

Andrea Poggio

Comunicato stampa – GAS Solare

Comunicato stampa – GAS Solare

Comunicato stampa

 

GAS Solare: Legambiente e rete Umanità Lodigiana
lanciano oggi il primo Gruppo d’Acquisto Solare
in Comunità Energetica del lodigiano.
Per chi vuole diventare produttore fotovoltaico, incentivi e contributi.

Chiunque abbia intestato un contatore elettrico e un tetto, in proprietà o affitto (che sia abitazione, ufficio, negozio, officina o edificio agricolo) può aderire al Gruppo d’acquisto solare per diventare produttore di energia elettrica in Comunità energetica rinnovabile e solidale (CERS). E può farlo subito, firmando il modulo di adesione al GAS Solare promosso dalla rete di associazioni Umanità Lodigiana e dal  circolo Legambiente LodiVerde. Il modulo si può richiedere via email a comunitasolare@gmail.com oppure al telefono 334 236 7802.

Da questa sera, 29 agosto, spiegazioni e noduli di adesione si possono ottenere anche al banchetto della Festa provinciale de l’Unità al Capanno di Lodi, al gazebo delle associazioni ambientaliste. Nelle prossime settimane definiremo un calendario di appuntamenti ed assemblee di presentazione del GAS in decine di comuni in tutto il lodigiano.

I “GAS solari” non sono una novità in Italia per Legambiente: a Piacenza si sta concludendo proprio in questi giorni il quinto gruppo con una ventina di impianti realizzati. Ma la novità è costituita nella possibilità di accedere ai contributi PNRR in conto capitale per tutti gli impianti realizzati nei piccoli centri (comuni con meno di 5 mila abitanti) se il proprietario dell’impianto ha aderito ad una Comunità Energetica. Il contributo statale previsto è pari al 40% della spesa complessiva, ivi comprese le spese di allaccio alla rete e di costituzione della comunità.

Quindi se era già conveniente installare pannelli solari per il proprio autoconsumo, ora lo è diventato ancor più conveniente. In più, realizzando l’impianto insieme nel gruppo d’acquisto, si può avere la certezza di prezzi giusti, caratteristiche ottimali dell’impianto e l’assistenza totale degli installatori e della CER “Comunità Solare” già costituita e riconosciuta. I tecnici delle associazioni hanno infatti elaborato un preciso Capitolato per selezionare non più di due o tre installatori capaci di garantire la migliore qualità dei componenti, la migliore assistenza nei massimali di prezzo previsti dal governo. Insomma, nessun rischio di lievitazione della spesa come nel caso dei superbonus. Nei prossimi giorni apriremo le buste e gli installatori autorizzati potranno fissare appuntamenti per sopralluoghi e offerta finale.

Chi può partecipare? Tutti: cittadini e famiglie, imprese individuali, negozi, piccola e media impresa, enti laici e religiosi, persino amministrazioni pubbliche e grandi industria (ma in quest’ultimo caso come “produttore terzo”, quindi non può essere socio della Comunità Energetica). Gli impianti realizzabili sono di taglia piccola (tra 2 e 6 kW, tra 6 e 20 kW) per le abitazioni, di taglia media (sino a 200 kW) per tetti di enti, negozi o officine, sino a quasi un megawatt nel caso di capannoni industriali. Non sono previsti impianti su suolo coltivato.

Ma la Comunità energetica c’è già? Sì, anche nel lodigiano si sono già costituite una mezza dozzina di CER di iniziativa di singoli comuni o di aziende private. Come risultato del progetto “Lodi Solare”, finanziato da Fondazione Cariplo, il 2 luglio scorso si è costituita a Lodi la “Comunità Solare”, come società cooperativa, impresa sociale ed Ente del Terzo Settore (no profit), come CERSolidale di area vasta (così detta “zona di mercato”) che si sta già accreditando con diverse “configurazioni” attorno alle cabine primarie della provincia di Lodi e di Piacenza. La legge infatti prescrive, prima della richiesta di contributo o di allacciamento di impianto alla rete, sia già costituita la Comunità Energetica di appartenenza del socio produttore. Solo a questa condizione si ha diritto a contributi ed incentivi sull’energia condivisa. Solo a questa condizione l’incentivo permette alla “Comunità Solare” di generare ogni anno un “Fondo Solidale” per progetti sociali e ambientali per il territorio. La “Comunità Solare” si è costituita a partire da privati impegnati nelle due provincie in associazioni e vanta già oggi una ventina di adesioni e alcune decine di richieste di adesioni di privati, soggetti giuridici, imprese e enti pubblici: in alcuni casi le procedure per divenire soci sono infatti piuttosto lunghe.

“Prevediamo decine di adesioni già nei prossimi mesi di settembre e ottobre di soci produttori” – si sostiene a Legambiente – “e almeno un megawatt di impianti tra quelli già previsti nelle richiesta di contributo alla Fondazione Cariplo e PNRR.” Nel vademecum del GAS Solare sono esemplificati due casi di impianti di piccola e media taglia (che escludono extra come smart box per auto elettriche o batterie d’accumulo rilevanti):

Gruppo di coordinamento della Rete Umanità Lodigiana

Circolo Legambiente LodiVerde APS

Contro l’inceneritore di Vidardo facciamo un’“inchiesta pubblica”

Contro l’inceneritore di Vidardo facciamo un’“inchiesta pubblica”

Forest Area

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